Dovere d’autore

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Certo che sta succedendo nella tua testa, Harry.
Ma perché questo dovrebbe significare che non è reale?
Harry Potter e i Doni della Morte, J.K. Rowling

Siamo tutti autori.
La produzione di scritti, immagini, o varie combinazioni, è una parte fondamentale del vivere quotidiano, l’architettura dei social si basa proprio su questo.

Questo meccanismo pone alcuni interrogativi, uno tra tutti la corresponsione di un quantum per il diritto d’autore.
Non vi è chi non veda un certo gioco di specchi tra piattaforme, utenti ed i (pochi) creatori di contenuti retribuiti.
Lo stesso dicasi per tutti i servizi, le app, i siti, a cui si cedono i propri dati personali.
Tutti noi sorvoliamo sul fatto che, quando una cosa è gratis, il prodotto sei tu.
Sarebbe curioso osservare le ragioni profonde per le quali si accetta questo accordo, ma questa è un’altra storia.

Una notizia sul funzionamento delle piattaforme: ad un certo punto della loro evoluzione, sono diventate strumenti che non servono più a navigare attorno al mondo, ma a soddisfare le richieste specifiche di ciascun utente.
Da ciò deriva che i risultati delle ricerche e delle interazioni – tra le altre cose – sono condizionati da delle antenne, che gli stessi utenti orientano.
Questo processo di personalizzazione, secondo alcuni studiosi, favorisce e rafforza alcuni fenomeni detti “echo chamber” e “filter bubble”.
In pratica, più manifestiamo interesse per un determinato ambito ed ambiente, più questo ci verrà riproposto nel corso della nostra presenza online.

Eccoci dunque arrivati al punto: il dovere di ogni autore di essere quantomeno cosciente delle proprie costrizioni.

Se l’autore volesse provare a pulire i filtri, ad allargare la visuale, potrebbe utilizzare il metodo della “scansione ambientale”.
Lo scopo è quello di comprendere e mappare lo spazio circostante, costruendo poi una sorta di archivio.
Organizzare e schematizzare la realtà, per rendere manifeste non solo le narrazioni scelte come ufficiali, ma anche quelle più diverse e carbonare.

I modelli possibili sono tanti, il suggerimento è di sceglierne uno a propria immagine e somiglianza, in modo che l’archiviazione sia facile ed intuitiva, così come il recupero delle informazioni e l’eventuale sintesi.
Ovviamente, il metodo è applicabile non solo alle fonti di informazione online ma anche a quelle offline.
Anche in questo campo esistono dei filtri, delle rimozioni e delle cecità che determinano la porzione di realtà che prendiamo in considerazione. La differenza sta nella tecnica con cui vengono costruiti (probabilmente).

Il metodo è intuitivo, l’eterno sforzo è quello di cercare, abbracciare la realtà nella sua totalità, esplicitare e razionalizzare. Chissà che non ci si ritrovi in una echo chamber col dolby surround.

Occorre fare