Saturday for Christmas

/ / Noi di Spoiler, Ora Legale News

Saturday for Christmas, si chiama così il movimento che si batte per la parità di genere e invoca a gran voce l’istituzione di Mamma Natale accanto a quella del Babbo.

Via dunque la barba, il sacco e la slitta e sotto con monopattino, gonna e shopping bag. Spira forte il vento del cambiamento, via anche il rosso, troppo acceso e “di parte” e largo ai colori arcobaleno. Il Natale, come la legge, è uguale per tutti (e tutte), valido erga omnes.

Anche i regali non fanno eccezione, depennati e messi all’indice tutti i cadeau maschilisti, dalla sauna finlandese al dopobarba troppo acre. Una app si è premurata di stilare una black list di tutti gli oggetti in odore di scomunica.

In auge i gift al femminile, fluidi, best seller come le lenti a contatto colorate, i poster a led di Ursula Andress. Retrò e vintage la fanno da padrona, sembrano soppiantare la contemporaneità, la depositano in cantina.

Le renne sono state proclamate specie protetta e, pertanto, sgravate dalla fatica di tirare “la carretta”. Una sorta di celebrities passate dall’altra parte della barricata, felici del loro nuovo status.

Babbo Natale, dicevamo, si è calato un po’ a fatica nei nuovi panni, colori pastello, zainetto in spalla, bici a pedalata elettrica, un filo di barba al posto di quella hipster, old style. Sguardo spaurito di chi ha perso le sue certezze e cerca un nuovo Nord.

La lista dei desideri è l’unica ad esser rimasta uguale a se stessa, accorato il tono dei mittenti che, dietro lo schermo dei loro smartphone digitano e compulsano ogni sorta di richiesta. Viaggi, auricolari, botulino (in grande ascesa), sciarpe, occhiali, pochi libri, tatuaggi. La mappa del tesoro disegna meglio di chiunque altro la genealogia del presente, la sua voglia di fuga.

Mamma Natale strizza l’occhio ad un pubblico più eterogeneo, LGBTQ+, dai contorni più sfumati, ma anche più consapevole dello spazio che ha occupato. Diverso anche il packaging, più rotondo.

Sulla data è stato trovato un accordo, un compromesso.

Non più il 25, simbolo della ortodossia ma il 26 cui è affidato il compito di ripensare il Natale in un’ottica più green.

Niente più alberi ma opere di bene.